sabato 20 ottobre 2012

Nazismo 2.0 - La crisi europea è voluta, orchestrata, guidata dalla Germania

Per lunghi mesi, come potete leggere su tutti i giornali, i Paesi europei sono stati di fatto obbligati dalla Germania a perseguire politiche di rientro dall'effetto fortemente recessivo, politiche che quindi non andavano a migliorare le cose ma a peggiorare la crisi europea. Il perché è noto: così facendo la Germania ha azzoppato i principali competitor commerciali europei (Francia e Italia, ma anche Spagna e Irlanda, economie emergenti in Europa), potendo continuare a spingere felicemente il proprio export e godendo anche di tassi ridicoli (addirittura negativi) sui propri titoli di Stato, che facevano da bene rifugio per tutti gli investitori che smettevano di scommettere sulle altre economie europee (in questo modo la Germania ha anche potuto finanziarsi welfare, servizi e tante altre belle cose).

Questa è l'unica spiegazione della crisi che non fa acqua da nessuna parte e che può essere facilmente verificata con un'analisi dei dati (andamento di export, spread, prodotto interno lordo, ecc.): la Germania ha palesemente tratto vantaggio dalla crisi, così come hanno anche sottolineato i giornali tedeschi. La cosa dovrebbe stupire? Macché! A dare il via all'ondata di scetticismo sulle altre economie europee sono state proprio le banche tedesche che dall'oggi al domani hanno liquidato i titoli delle economie periferiche per far abbassare gli interessi sul debito tedesco e far lievitare quelli altrui, mettendo così in crisi i principali competitor commerciali.

Non ne siete ancora convinti? Allora guardate cosa è accaduto negli ultimi giorni. La crisi sembra essersi quietata: spread ai minimi, nessun titolo invenduto, tutto magnificamente bello. Qualcuno vi dirà: è per merito della BCE, che ha dato il via all'acquisto di bond dei Paesi in difficoltà. Balle: la BCE ha solo minacciato di farlo ma nessun Paese ha avanzato la richiesta di aiuti, neanche la Spagna che pur ne avrebbe tanto bisogno. E allora com'è che lo spread spagnolo e italiano è precipitato di colpo come non avveniva da più di sei mesi? La spiegazione l'avete avuta tutti sotto gli occhi. Avete notato cosa è successo nei giorni che hanno preceduto questo improvviso e apparentemente inspiegabile miglioramento? Tranquilli, ve lo ricordo io.

11 ottobre 2012, gli istituti economici tedeschi dimezzano le stime di crescita della Germania. Finalmente si riconosce una verità assoluta: se il resto d'Europa va definitivamente allo sfascio, crolla anche la Germania che è export-dipendente, soprattutto verso l'UE. La stessa Merkel precisa: "la contrazione economica di alcuni paesi dell'eurozona ha un effetto anche su di noi, perche' il 40% del nostro export e' destinato al'eurozona e il 60 ai paesi dell'Ue".

Nei giorni immediatamente successivi il miracolo... In appena tre giorni sono andati a ruba 10 miliardi di Btp!




Fate 2+2. Senza che il governo Monti avesse fatto nulla per meritare questo boom di fiducia. Senza che la BCE si fosse impegnata in acquisti sul mercato secondario. Boom! La Germania (finalmente) realizza che se continua a far stringere la cinghia collassa anche lei e - TAC! - ecco che la crisi sembra finalmente risolta, sparita, archiviata, amen. Quelle banche (tedesche) che avevano liquidato i nostri titoli di Stato ora tornano ad acquistarne a piene mani per evitare il collasso della propria economia, probabilmente su pressione dello stesso governo (perché in Germania politici e banche... aumma aumma!) .

Siete liberi di credere che si tratti di coincidenze; siete liberi di pensare che dietro questo miglioramento ci sia l'azione di governo di un governo che finora non ha fatto riforme vere; siete liberi di convincervi che sia tutto merito di una BCE che, dopo l'annuncio, non ha ancora comprato nessun titolo di Stato... Ma secondo me avete abbastanza buonsenso da capire come stanno le cose.
Questo è nazismo 2.0.




venerdì 12 ottobre 2012

Mito da sfatare n.7 - La Germania è meritocratica

Visto il nostro perpetuo senso di inadeguatezza verso i tedeschi siamo sempre portati a pensare che la Germania sia chissà quanti anni luce distanti da noi. In realtà non è così, neanche quando si tratta di meritocrazia.

In realtà infatti la Germania  è meritocratica per lo meno quanto l'Italia, cioè per niente.
In Germania non trova lavoro il miglior candidato per la posizione lavorativa offerta, ma, come in Italia, chi ha i contatti giusti e tanto di referenze. La sola differenza è che qui avviene tutto alla luce del sole.
Inviare una candidatura priva di referenze significa essere quasi certamente scartati; così come molto spesso la differenza la fa l'avere un contatto all'interno dell'azienda che si prodiga a girare il CV alle Risorse Umane (Zalando o Deutsche Bank poco cambia, una "segnalazione" interna ha infinite chance in più di una candidatura spontanea dall'esterno).

Poi c'è il capitolo-networking, che crea un sistema relazionale (chiuso) ed "elitario", soprattutto in quelle città dove il networking fa tendenza (es. Berlino) e dove non è un caso che il tasso di disoccupazione rimanga elevato nonostante l'elevato numero di imprese (soprattutto start-up) presenti sul territorio: in sostanza quello che succede è che i lavoratori girano tra le diverse aziende, ruotano, turnano e chi era fuori resta (quasi sempre) fuori, a meno che non riesca in qualche modo a entrare nel giro o a ottenere delle prime buone referenze da rigiocarsi successivamente. Ne consegue che il mercato del lavoro in una città come Berlino anziché essere flessibile e dinamico, è precario, stagnante e a rotazione continua.

Infine il merito è così in primo piano in Germania che persino chi prima lavorava in un asilo può all'improvviso ritrovarsi Country Manager se ha leccato i culi giusti e ha dato la sua disponibilità a lavorare come servo per l'azienda - ogni riferimento NON è puramente casuale. Voi direte: e le competenze? La leadership? Lo stress management?  Eh, appunto, dimenticateli e godetevi imprese gestite alla cazzo di cane.
Quelle italiane, da questo punto di vista, non hanno nulla da invidiare a quelle tedesche. Ma si sa, nel marketing la Germania batte l'Italia mille a zero.

sabato 5 maggio 2012

Cari miei, le banche cattive sono quelle tedesche

Come forse sapete tra i principali responsabili della speculazione ci sono Deutsche Bank e le principali banche tedesche, che hanno liquidato di proposito i titoli di Stato italiani che detenevano per far salire lo spread e mettere in crisi l'intero sistema (in modo che a trarne vantaggio fossero appunto la Germania e le banche tedesche). Inoltre proprio Deutsche Bank ha una propensione alla speculazione come poche altre banche al mondo, basti pensare che è la terza banca per volumi di transazioni sul forex, il mercato delle valute.



Ciononostante tantissimi italiani in Germania aprono un conto con Deutsche Bank e quando non lo fanno con Deutsche Bank lo fanno comunque con un altro dei principali istituti di credito. Perché? Perché in Germania, quando ti trasferisci e cominci a lavorare, devi necessariamente avere un conto in banca tedesco. Non esistono discorsi tipo "e se non voglio aprire un conto in banca?", perché per fare qualunque cosa - e dico proprio QUALUNQUE - ti chiederanno il numero di conto. Vuoi andare in affitto? Devi avere un conto in banca. Vuoi un contratto telefonico? Conto in banca. Vai a lavorare? Conto in banca. Ecc.
E tutte le banche ti rifileranno qualche carta (debito e/o credito) perché qui ogni minima spesa (ok, magari eccetto la colazione) si fa con la carta. In sostanza qui si fa quello che la Gabanelli un paio di settimane fa ha proposto a Report: eliminare il contate, obbligare tutti a passare dalle banche e dai pagamenti elettronici. Un inconveniente però c'è e si chiama carding. C'è un enorme mercato nero che ruba dati ogni singolo giorno a migliaia di possessori di carta nel mondo e alle banche in fondo non gliene frega più di tanto perché non sono responsabili per le disattenzioni/errori/cazzate dei titolari del conto. Bella storia!

giovedì 22 marzo 2012

Mito da sfatare n. 6 - Almeno in Germania ti pagano...

Quante volte abbiamo sentito i giovani lamentarsi in Italia per stage poco retribuiti o non retribuiti affatto? Lungi dal voler prendere le difese di chi chiede prestazioni lavorative a titolo gratuito (se è gratis NON è lavoro, mandateli a cagare quelli così, il volontariato lo si fa in altri contesti, non in quello lavorativo) volevo solo mostrarvi una cosa.



Per chi non mastica il tedesco "Das Praktikum wird leider nicht vergütet" significa "lo stage PURTROPPO non sarà retribuito" (ma purtroppo per chi? Di certo non per il datore di lavoro)... Cose che, putroppo, diversamente da ciò che si crede, accadono anche in Germania.

Appena avrò un po' più di tempo prometto di fare anche una parentesi su quelli che sono gli stage in Germania... E no, non aspettative nulla di esaltante, ma solo la cruda verità... ;-)

venerdì 16 marzo 2012

Oibò! La Germania manca gli obiettivi di rientro!

La Germania cioè il Paese che per comprare con quattro denari tutta l'Europa (dopo aver fallito l'invasione militare decenni orsono) sta imponendo all'intero continente politiche di rientro e austerity varie (con l'effetto di deprimere oltre economie già sfiancate dalla crisi) - UDITE, UDITE - è poi il primo a mancare gli obiettivi di rientro.

Ce lo dice lo Spiegel, che sappiamo essere contrario alle politiche di austerity imposte dalla signora Merkel.



Nulla di paragonabile, per esempio, alla situazione spagnola, però sarebbe il caso di ripensare seriamente al cammino intrapreso per uscire dalla crisi se la strada proposta dalla Germania è sostenuta difficilmente persino dal proponente!!!

mercoledì 7 marzo 2012

Mito da sfatare n.5 – La Germania è un Paese fiscalmente virtuoso


Il rigore fiscale è stato imposto dalla Germania, quindi verrebbe spontaneo credere che la Germania, per poter avanzare certe richieste in nome di una presunta superiorità morale, abbia i conti a posto, tutto in regola. In fondo se gli investitori si liberano dei titoli di Stato del Club Med a favore di quelli della Germania è perché il Paese della Merkel sembra più affidabile. Ma lo è davvero?

La risposta è NO.
Ed è bene che si sappia, che si chiariscano questo concetto anche gli investitori.

La Germania, come dicevo nel post d’apertura, è un Paese indebitato fino al collo. La sua capitale è un esempio calzante di questo gran casino fiscale. Lasciamo che parlino i numeri. Sapete a quanto ammonta il debito della sola città diBerlino? A 60,5 MILIARDI DI EURO! Se pensate che la manovra Monti era di “soli” 24 miliardi potete farvi un’idea dell’enormità del debito berlinese… Certo, gli italici fessacchiotti che sposando la linea tedesca contribuiscono a diffondere il nostro atavico senso di inadeguatezza nei confronti della “Grande Germania” diranno che le cose non vanno tanto meglio in Italia, con Roma che non naviga nell’oro ma nei debiti… Benissimo, critica accolta, ma sapete a quanto ammonta il debito romano? “Appena” 12 miliardi, che certo non sono noccioline, ma si tratta comunque di una cifra cinque volte minore rispetto al debito di Berlino!

Ma lasciamo perdere il debito dei comuni e guardiamo al debito nella sua interezza. In questo caso il rapporto debito/Pil premia sicuramente la Germania, e non l’Italia, ma siamo davvero sicuri che le cose vadano tanto meglio? Non è che il minore debito pubblico tedesco è solo il frutto di qualche trucchetto contabile…? Purtroppo è così, come ha giustamente spiegato Mucchetti sul Corsera mesi fa (Mucchetti sia lodato, perché queste cose non sembra ricordarle più nessuno oramai):


Angela Merkel paragona l’Italia alla Grecia. Per quanto si possa dire male del nostro governo, il cancelliere sbaglia. Roma non ha mai mentito sui suoi conti pubblici come ha fatto Atene. E poi la Germania dovrebbe comunque rispettare un partner commerciale dove esporta più che in Cina. E infine, quanto a debito pubblico, il governo di Berlino si avvale di antiche furbizie. […] Da 16 anni la Germania non include nel suo debito pubblico le passività del Kreditanstalt für Wierderaufbau, meglio noto come KfW, posseduto all’80% dallo Stato e al 20% dai Länder, altri soggetti pubblici. Si tratta di 428 miliardi di euro interamente garantiti dalla Repubblica federale. […] Le sue obbligazioni sono dunque uguali ai bund. Ma a differenza dei bund, magicamente non entrano nel conto del debito pubblico. Se vi entrassero come la logica del Trattato di Maastricht vorrebbe, il debito pubblico tedesco salirebbe da 2.076 miliardi a 2.504 e la sua incidenza sul prodotto interno lordo 2011 balzerebbe dall’80,7% al 97,4%. Ancora un piccolo passo, magari per salvare qualche banca tedesca ingolosita dai titoli di Stato mediterranei, e potremmo dire: benvenuta Germania tra noi del club degli over 100%!


Delle furberie tedesche si è accorta anche l’UE ma Merkel e compagni fanno orecchie da mercante e continuano la loro campagna morale contro i dissipatori del Sud! Persino Juncker ha detto che il problema del debito tedesco è preoccupante ma la Germania, intenta com’è a impartire lezioni ad altri (senza averne il titolo), preferisce ignorare i richiami anziché giustificarsi di fronte al resto dell’Europa.

E quando non bastano i trucchi contabili per nascondere i debiti tedeschi sotto il tappeto per non doverne dare spiegazione, ecco che interviene la Bundesbank, che sottoscrive la parte invenduta delle aste dei titoli di Stato tedeschi. In questo modo la Bundesbank monetizza il debito tedesco quando ciò è espressamente vietato dai Trattati europei. Un po’ come se Bankitalia si facesse carico dei BTP rimasti invenduti con la scusa di ricollocarli in una successiva finestra temporale sul mercato secondario. E allora, certo, i nostri titoli di Stato sembrerebbero meno carta straccia di quanto non appaiono da quasi un anno a questa parte, ma Bankitalia questo non lo fa perché sa che sarebbe una forzatura dei trattati e preferisce non giocare sporco (anche a costo di mostrare risultati peggiori su tutti i quotidiani del mondo). La Germania, invece, che tanto si atteggia a patria del diritto, dove la legge viene sempre applicata, senza eccezioni né interpretazioni di comodo, come al solito si ricorda di rispettare ciò che sta scritto sulla carta solo finché conviene, altrimenti chi se ne frega. Niente di nuovo, come già sapete.

Cosa accadrà della Germania quando il resto del mondo si è accorgerà che è solo un Paese che vive della sua immagine falsamente virtuosa e affidabile non è dato saperlo...

martedì 6 marzo 2012

Facciamoci una risata, va'

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Non so che dica il testo in russo ma il senso dovrebbe capirsi lo stesso.
E ricordate che prima o poi parlerete tutti tedesco...

Mito da sfatare n.4 – La Germania non è responsabile della crisi

Gli italiani in Germania non sono tutti contro la Germania, l’istinto di conservazione gioca un ruolo determinante… Per esempio qui potete leggere le parole di un italiano emigrato in Germania che pur riconoscendo l’origine dei problemi dell’Unione Europea alla fine “giustifica” la linea tedesca perché “tanto che ce voi fa?”. Ma ci sono almeno tre buoni motivi per sostenere che la Germania è il PRIMO RESPONSABILE della crisi, non c'è giustificazione che tenga:
  1. La crisi greca si sarebbe potuta stroncare sul nascere con un intervento rapido e deciso dell’UE. La Germania però ha preferito prendere tempo e mettersi all’opera solo quando il bubbone greco è esploso. Se la Merkel avesse dato retta a Sarkozy e agito SUBITO per contenere la crisi in atto oggi ci troveremmo a gestire un problema di proporzioni minori. La Merkel ci tiene tanto alla sua immagine di leader indiscussa (manco fosse una Iron Lady in salsa socialista), di guida insostituibile dell’UE… ma poi quando viene il momento di prendere decisioni importanti ecco che la sua immagine al naturale: un’indecisa cronica e senza polso, che non è neanche in grado di capire l’entità dei problemi che si trova davanti
  2. Ad aggravare la crisi in Europa è stata la cura, tutta incentrata sul rigore e sull’austerità, che anziché risolvere i problemi ha fatto entrare l’UE in una spirale di tagli e recessione. In pratica per due anni in Europa non si è parlato di crescita (neanche un accenno!) e chi credete che sia stato il principale promotore di questa austera e masochistica linea politico-economica? La Germania ovviamente, che forte del suo peso economico (soprattutto come “contribuente d’Europa) ha potuto imporla a tutti gli altri governi dell’UE, fregandosene della sovranità parlamentare altrui e peggiorando le cose
  3. Il terzo e ultimo motivo è quello di cui parlava anche Manfredi Pomar nell’intervista di sopra (lo squilibrio commerciale Germania-resto dell’UE), che però pecca di democristianicità economica. Non si può puntare il dito e al tempo stesso giustificare: se il surplus tedesco delle partite correnti è un problema per il resto d’Europa, la Germania deve imporsi di risolverlo, altrimenti è lecito pensare il peggio della Germania e dei tedeschi
Cosa intendo dire? Che dietro la crisi dell’euro – su questo ha ragione Pomar – non c’è un piano degli Stati Uniti (e neanche un piano anglosassone, come suggeriscono altri). Il vero e unico responsabile della crisi è la Germania, che con le sue politiche sta massacrando un intero continente. L’ha spiegato molto bene Giorgio Frabetti su Arezzo Polis:

La dipendenza dalle esportazioni risente, da un lato, delle indubbie rigidità e delle difficoltà dell’economia tedesca, forte e dinamica a Ovest, debole e stagnante a Est; impossibilitata a sfruttare in pieno il proprio potenziale produttivo e costantemente vicina all’inflazione (per i trasferimenti ad est), la Germania è portata a stressare il proprio apparato produttivo ed industriale al limite della sovra-produzione, per beneficiare del positivo ritorno del proprio commercio estero. Nello stesso tempo, però, il minimo incremento dell’inflazione in Area Euro, dovuto ad esempio a sforamenti nei debiti pubblici degli Stati, ovvero a più “lasse” politiche di crescita o di deficit spending, la mette in allarme, per il pericolo che altri Stati si allineino al suo livello di prezzi e sottraggano quote di mercato estero. E’ in questa chiave che si spiega soprattutto la “guerra” contro l’Italia (vera rivale nel commercio estero e nelle manifatture) e l’imposizione ad essa di una politica di “pareggio di bilancio”, tale da mettere in ginocchio la penisola con deflazione e recessione. La vicenda italiana, in particolare, è l’esempio lampante di come la Germania, forte com’è sui mercati esteri, tenda a “scaricare” sugli Stati competitor le debolezze interne del proprio sistema produttivo che essa non vuole e non può superare senza aprire antiche ferite (specie l’irrisolta “riconversione industriale” dell’Est) e senza contraccolpi gravi in termini di instabilità politica e sociale (Schroeder perse le elezioni politiche del 2005, a causa del proprio programma di riconversione dell’Est e di tagli delle lucrose indennità di disoccupazione). Oggi, è proprio questa politica che, alla lunga, determina i veri motivi di frizione e di vera e propria instabilità tra la Germania e gli altri partner occidentali, Europa e USA, in primis.

giovedì 1 marzo 2012

Mito da sfatare n.3 - Germania patria della parità di genere

Se amate le semplificazioni più estreme di sicuro siete tra quelli a cui basta ritrovarsi tra le mani qualche classifica (frutto di analisi arbitrarie di chissà quale ente o società) per illudersi di avere un quadro oggettivo, completo su un particolare fenomeno. Tipo quelli che se leggono che per Freedom House in Italia è a rischio la libertà di stampa finiscono col credere davvero che l'Italia se la gioca col Benin... Alla faccia dello spirito critico!
E' chiaro che lo stesso può accadere con indagini di altro tipo, come per esempio "l’Indice sulla Parità di Genere", calcolato dalla rete Social Watch (non si sa bene a che titolo parli, con che serietà è fatta l'analisi e di quali parametri tenga conto). Il loro rapporto dice che la Germania è un gran bel Paese per la parità di genere: su 157 Paesi la Germania si classifica 7a (dietro Paesi come Ruanda e Bahamas, giusto per farvi capire la serietà del rapporto). Comunque un bel piazzamento.

E se invece vi dicessi che la Germania è forse uno dei Paesi più sessisti e maschilisti d'Europa? Ma come, direste voi, un Paese che ha avuto le palle di affidare la sua guida a una donna! Che cosa vado blaterando?!?! Devo proprio essere impazzito...

Siccome preferisco parlare non per indici ma di fatti, torniamo a discutere del tanto decantato welfare tedesco... Non tutti sanno che nel Paese della Merkel il reddito delle coppie viene tassato congiuntamente e l'aliquota della tassazione (progressiva in ogni caso) funge da disincentivo per un componente della coppia. Indovinate quale, nella stragrande maggioranza dei casi... Citando l'Economist, il risultato delle politiche di welfare dello Stato tedesco è riassunto in questa frase:

Another interesting aspect of the German economy, and one of its major weaknesses, is often overlooked (though not by Matthew Yglesias)—low participation of (married) women and mothers in the (paid) labour force.

Perché accade questo? Visto che il secondo percettore di reddito della coppia solitamente è la donna e che l'aliquota di cui sopra la disincentiva all'offerta di lavoro, il risultato non può che essere una minore partecipazione delle donne sposate e delle madri alla forza lavoro.
Detto altrimenti: l'uomo lavora, la donna sta a casa a pulire la casa e ad allattare bambini per la Patria (e infatti il programma childcare)! Quindi abbiamo una Germania massima espressione del più becero tradizionalismo cristiano.

E tu che credevi che la Germania fosse un Paese moderno, al passo con i tempi..... Dove uomini e donne hanno le stesse opportunità (mica come in Italia, dove vige ancora un patriarcato degno del Medioevo), dove le donne (indipendenti e mai succube dell'uomo) sono piccole virago, lavoratrici-Valchirie in carriera...... Dimmi, dov'è il tuo Dio adesso?

I più "creativi" imprenditori tedeschi sono avvisati

Uno dei fondatori di Pinterest ha finalmente lanciato la sua prima start-up.

Pronti a copiargliela?

Coraggio, per il più veloce un viaggio premio a Berlino con la possibilità di installare lì la propria start-up scopiazzatura...!

martedì 28 febbraio 2012

Mito da sfatare n.2 - Berlino Mecca dell'innovazione


Spostiamo l’attenzione sulla capitale: Berlino. Se seguite siti e blog che parlano di innovazione, fare impresa, tecnologia, start-up e altri argomenti simili vi sarete sicuramente imbattuti in mille lodi esagerate e tutto l’ambaradan che ne segue: Berlino è bella, Berlino è cool, Berlino è all’avanguardia e per questo, secondo alcuni, molte start-up hanno deciso di mettere su casa proprio nella capitale tedesca. In realtà le ragioni di questo fenomeno sono da cercarsi altrove – ambiente internazionale e le paghe più basse di Germania (su questo prometto di tornarci) – ma siccome alla gente piacciono le facili idealizzazioni ecco che Berlino diventa la Silicon Valley d’Europa. Così, giusto per esagerare un po’! Mettiamo da parte gli inutili campanilismi teutonici e/o startuppari e vediamo realmente qual è la situazione. A un’analisi più approfondita infatti scopriremo che, eccezion fatta per qualche sporadica, sporadicissima eccezione… La maggior parte delle principali start-up berlinesi altro non sono che copie tarocche di prestigiose start-up americane. 

Stiliamo una lista, giusto per fare qualche esempio concreto. 
Comincerei da CityDeal che era la scopiazzatura di GroupOn e lo è rimasto fino a quando non è stata acquistata dall’azienda-originale. Ah, per la cronaca, la storia che GroupOn ha scelto Berlino come HQ internazionale è una BALLA: l’HQ resta a Chicago, seguito da un ufficio in rapida espansione a Palo Alto e dagli uffici  regionali in Europe, America Latina e Asia (per chi volesse verificare c'è il sito dell’azienda).
Poi merita una menzione speciale Plinga, azienda che fa giochi per i social media, come la quasi omonima Zynga per intenderci: a questi praticamente hanno copiato anche il nome! Per la serie “find the differences” fate un raffronto tra gli animaletti di PetSociety (gioco prodotto da Playfish) e quelli di PetParty (Plinga) e vedrete che si tratta esattamente della stessa cosa. Cosa cambia? Che il primo è l’idea originale, il secondo il copycat tedesco. Stesso discorso vale anche per la berlinese Wooga, che praticamente ha preso FarmVille, ha sostituito gli umani con gli alieni e ha rinominato il gioco Monster World.

Pet Society
Pet Party
Menzioni speciali anche il clone tedesco di Facebook (StudiVZ), la scopiazzatura europea di Elance (Twago), di Airbnb (Wimdu) e persino del social media del momento, Pinterest, ricreato per l'occasione da quelli di Pinspire. Neanche a dirlo, la lista potrebbe continuare ancora a lungo…

Solitamente si parla della Germania come Cina d’Europa facendo riferimento all’elevato tasso di esportazioni che caratterizza l’economia tedesca e quella cinese. Però se guardiamo alle start-up berlinesi viene da chiedersi se il vizietto "cinese" dei tedeschi non sia anche quello del produrre copie tarocche di prodotti altrui... Quello che accade in Germania in sostanza è questo:
  1. si prende una buona idea straniera
  2. la si replica
  3. si cambia il nome e si fa qualche adattamento (minimo) per rendere il plagio del servizio un po' meno evidente (a volte se ne dimenticano e rilasciano un copycat praticamente identico)
  4. dopodiché traducono e localizzano nelle principali lingue europee (francese, italiano, spagnolo, portoghese e ovviamente tedesco) e impacchettano il prodotto per il mercato europeo (per esempio con massicce campagne marketing) consapevoli del fatto che le start-up americane non hanno ancora avuto modo di penetrare il mercato europeo a sufficienza con i loro prodotti
Vince la competizione? Vince l’originalità? Ma quando mai! Vince il primo che riesce a replicare il progetto originale in tempo utile. Perché ai tedeschi piace vincere facile e incapaci come sono di pensare out of the box non hanno altre alternative che scopiazzare le idee altrui per potersi vantare delle proprie start-up. Ma allora perché non la smettiamo di parlare di Berlino come capitale dell’innovazione e non la descriviamo per ciò che è REALMENTE: la patria di chi viola sistematicamente la proprietà intellettuale. E pensare che per il copyright i tedeschi hanno proprio una fissa, chiunque abbia mai provato a caricare video musicali su YouTube in Germania sa di cosa parlo...


GEMA per il rispetto del diritto d'autore su YouTube
Che per i tedeschi i contenuti originali siano da difendere fino a quando la loro violazione non torna utile alle imprese tedesche?

lunedì 27 febbraio 2012

Mito da sfatare n.1 - Il welfare che funziona

Il nostro viaggio nella Germania REALE parte da una riflessione sul welfare tedesco, perché in Italia sentiamo dire spesso che funziona e che l'Italia farebbe bene a adottare un sistema analogo. In Italia è diffusa l'idea che la Germania abbia un welfare perfetto e convenientissimo perché tutti pagano le tasse, tasse che sono pure molto onerose, e di conseguenza lo Stato può reinvestire molto in programmi di sostegno. In Italia fa comodo far passare quest'idea per due ragioni:

  1. perché da noi c'è una forte evasione fiscale, quindi l'interesse è che passi l'idea che se tutti pagassero le tasse i servizi al cittadino sarebbero migliori 
  2. perché l'intero arco parlamentare italiano non chiede tasse più basse ma meglio distribuite, quindi i politici italiani (esclusi quelli del "meno tasse per tutti") dicono "va bene che le tasse siano alte come in Germania purché però il livello dei servizi sia paragonabile a quello tedesco"
La verità però non potrebbe essere più distante da quello che si crede in Italia, nel resto d'Europa e nel mondo. Infatti non è che il welfare tedesco è perfetto perché tutti accettano di pagare tasse elevate e quindi lo Stato può ridistribuire con più facilità, al contrario: in Germania si pagano tasse elevatissime perché il welfare tedesco funziona alla cazzo di cane e i cittadini, per ripianare i conti, sono costretti a pagare tasse elevatissime. Detto in maniera politicamente corretta: la Germania è la patria di un welfare che causa enormi distorsioni sul piano economico e sociale.

Per esempio, in Germania si ottiene un ottimo sussidio da parte dello Stato se si viene licenziati, di conseguenza il lavoratore che per qualche ragione ha l'interesse a terminare il proprio rapporto di lavoro non lascerà volontariamente il proprio posto ma farà di tutto per essere licenziato. A volte è persino il lavoratore a chiedere a chiare lettere "il favore" al datore di lavoro, una sorta di accordo sottobanco tra le parti e a danno della comunità: in questo modo il datore di lavoro si libera di un peso morto prestandosi al gioco e fornendo quella che di fatto è una motivazione falsa, in cambio il lavoratore sa che vivrà serenamente i mesi successivi al licenziamento, spesato dalla comunità. Avete capito bene, una frode ai danni dello Stato conveniente a entrambe le parti, tanto paga il contribuente. Se venite a vivere da queste parti scoprirete che  nella moralissima e rigorosa Germania accade molto più spesso di quanto si possa credere...

Qualche volta è persino capitato che, trovato l'accordo, l'azienda che aveva dichiarato il falso si sia vista poi denunciare dal lavoratore che aveva proposto l'accordo sulla base delle ragioni (false) del licenziamento. Sapete come va a finire in questi casi? Che se il giudice da ragione al lavoratore l'azienda è pure costretta a sborsare cifre piuttosto alte (dai 10.000 euro in sù). Per questa ragione molte aziende tedesche temono di stringere accordi col lavoratore e, quando possibile, rinunciano del tutto alla possibilità di licenziare. I welfaristi per vocazione se ne rallegreranno - evvia, più lavoro per tutti, allora il welfare tedesco funziona proprio bene! - ma sapete qual è il prezzo da pagare in questo caso? Mobbing, perché le aziende che avranno paura di licenziare a quel punto faranno di tutto per spingere i lavoratori sgraditi alle dimissioni volontarie... Proprio bello vivere nel Paese dove il welfare funziona a perfezione!

domenica 26 febbraio 2012

Germania, vergogna!

Abbandonato lo stereotipo del "Paese perfetto, dove tutto funziona e tutti vivono bene", scoprirete che la Germania non è il bel Paese che molti vi fanno credere. Non è la culla della civiltà, non è un Paese libero, non gode di uno Stato fiscalmente virtuoso, né è il luogo dove lavoratori da tutto il mondo arrivano perché qui più rispettati e tutelati. La Germania è un Paese di sfruttatori, indebitato fino al collo (ma che adotta facili espedienti per coprire i suoi buchi), un Paese dove la privacy non esiste e il cittadino ha molti doveri e zero diritti. La Germania ha solo un merito: si vende bene, perché nessun tedesco si sognerebbe di raccontare in giro il reale stato delle cose. Pensavate che i campioni di omertà stessero in Sicilia? Sbagliavate. Con questo blog voglio raccontarvi la Germania VERA, quella che non trova spazio nei giornali, quelli che la maggior parte degli italiani non pensa nemmeno che possa esistere.

Cosa mi ha spinto ad aprire questo blog? L'arroganza del tedesco medio. Stanco di sentire le facili ironie e i rimbrotti dei tedeschi nonché le prediche moralisteggianti dei loro degni rappresentanti (Merkel in primis), ho pensato che bisognasse cominciare a mettere i puntini sulle i. La verità è che noi italiani (così come gli spagnoli, i portoghesi, i greci, gli irlandesi, ecc.) non abbiamo nulla da invidare alla Germania. Non possiamo più permettere che le continue prediche dei tedeschi ci facciano sentire inadeguati e perennemente nel torto, perché il tedesco medio non ha proprio nulla di cui vantarsi. E' tempo di porre fine alla supponenza di chi crede di poter impartire lezioni senza averne alcun titolo o merito. Ma finché noi tutti continueremo a sentirci colpevoli, sbagliati, inferiori per colpe che non abbiamo (o che, se non altro, non sempre sono riconducibili solo a noi... e soprattutto di cui i tedeschi non sono esenti!) questo non sarà possibile e il tedesco continuerà a sentirsi in diritto di deriderci, screditarci, additarci come la feccia d'Europa. Per questo la creazione di questo blog non poteva più essere rimandata.

In Germania ho anche avuto la fortuna di conoscere felici eccezioni ma purtroppo il tedesco medio è il ritratto del presuntuoso ignorante saccente e provinciale che pretende di levarsi a ruolo di unico depositario della Verità. Peccato che la realtà spesso suggerisca altro. Non è mia intenzione screditare i tedeschi per riabilitare gli italiani, gli spagnoli, ecc. ma portare FATTI e ANALISI OBIETTIVE affinché si abbia una più giusta rappresentazione di ciò che è REALMENTE la Germania, al di là dei miti, delle leggende metropolitane e delle inutili idealizzazioni.

Manco a dirlo, chi scrive è chi in Germania ci vive e ci lavora e ha una chiara visione di ciò che è davvero il Paese. Per la stessa ragione, comunque,  preferisco restare anonimo: se rivelassi la mia identità avrei problemi in ambito professionale. Ah, e se ve lo state chiedendo, no, non sputo nel piatto in cui mangio. Io in Germania mi sono trasferito per ragioni personali (affettive) di certo non perché volessi impiantarmi qui. Anzi, se fosse dipeso da me soltanto, del trasferimento in Germania ne avrei fatto volentieri a meno. Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.